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Grafica di Mauro Anelli, ideakali.com

Un articolo su LSDI (Libertà di Stampa Diritto all’Informazione)  descrive la perfetta combinazione di un mezzo e un metodo per creare un progetto giornalistico, volto all’evoluzione della professione. Una combinazione possibile perché concessa dalla Rete, semplicemente perché esiste il Web.
Nel pezzo si parla di “For Journalism“, una start up per la creazione di un corso volto ad insegnare il Data Journalism (il metodo). E per realizarlo i fondatori chiedono di essere finanziati attraverso Kickstareter (il mezzo).

Fin qui la notizia, a cui vi rimando per approfondire cliccando sui link. Ora, dopo essermi emozionata, come mi capita ogni volta che trovo qualcosa di interessante per la mia crescita professionale e – in generale – per il futuro del giornalismo, sono di nuovo depressa.

Perché mentre scopro giovani tosti e svegli come coloro che lavorano proprio per far conoscere cosa sia il Data Journalism in Italia (mi riferisco alla Crew di Datajcrew.sudmediatika.it), ho ipotizzato un dialogo tipo in una qualsiasi redazione di un qualsiasi giornale italiano.

Lo “scambio” che segue non è puramente casuale.

– I protagonisti –

Personaggio 1La giornalista stupidamente ottimista più o meno evoluta.

Caratteristiche: 1) E’ donna. E questo già rappresenta un problema per il collega/la collega che ha di fronte; 2) “Più o meno evoluta” in senso non dispregiativo: ha voglia di allargare i suoi orizzonti,  acquisisce sempre più informazioni e cerca di mettere in pratica quello che ha capito/imparato; 3) Stupidamente ottimista: vuole trasferirlo agli altri, crede che le cose possano cambiare, non si rende bene conto, o non vuole ostinatamente farlo, di cosa la circonda.

Personaggio 2Il collega.

Caratteristiche: 1) Uomo o donna non conta. E purtroppo non conta nemmeno l’età. Tutto quello che importa è che abbia un contratto di lungo tempo nel settore della carta stampata o, in generale, dei “vecchi media”; 2) E’ inesorabilmente pessimista e, di base, strafottente: è certo di non avere più nulla da imparare se è sopra i 45 anni; crede di dover sapere al massimo solo come è fatto un timone se è sotto l’età indicata; 3) Ritiene che non vi sia futuro di cui parlare ma solo una ferrea lotta per il mantenimento dello status quo: la carta prima di tutto, il resto è solo “lavoro in più”.

– Il dialogo –

Personaggio 1: <Ho trovato un interessantissimo articolo che parla di Data Journalism. E’ stato creato da alcuni colleghi americani: vogliono creare un corso per insegnare le nuove tecniche del mestiere e per riuscire a farlo – pensa! – usano Kickstarter. Così possono ottenere dei finanziamenti direttamente da chi è interessato e far crescere le nuove generazioni e anche per migliorare il livello di preparazione in generale della categoria”

Personaggio 2: <E chi è che paga per ‘sta cosa?>

Personaggio 1: <Beh, l’idea è quella di farli diventare dei corsi universitari, di specializzazione. Introdurli nel mondo accademico e, chissà, anche gli editori potrebbero essere interessati a…>

Personaggio 2: <Ah, vabbè. Senti, ora che mi ci fai pensare però… A proposito di specializzazione… Tu che ti occupi del Web, a che mail devono mandare le segnalazioni i lettori per mandarci le foto del traffico in città? Così la metto sul giornale domani>.

Data Journalism e informazione di servizio. Infondo due caratteristiche del giornalismo online. Il problema è solo come vengono interpretate.

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20 cose del 2012 sul Web

Pubblicato: 1 febbraio 2013 in Articoli
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Siamo piccoli. Vaghiamo per la Rete nello stesso modo in cui nel “reale” ci confiniamo nella nostra mente e nella nostra dimensione quotidiana.
Quattro passi nel quartiere dove viviamo, la strada casa-lavoro (per chi ce l’ha) da percorrere diligentemente avantieindietro con pedissequa rassegnazione, qualche viaggio d’estate e per i più fortunati anche durante l’inverno per dirsi che poi, alla fine, qualcosa di diverso l’abbiamo fatto.
E la Rete ci sembra il luogo dove il cervello si apre e si fionda su universi sconosciuti.
L’alba di Internet ci ha concesso chilometri di possibilità ma poi abbiamo scoperto, anche giornalisticamente, che quello che funziona è il “gLocal“: l’informazione iperlocalizzata perché <l’utente vuole sapere quello che succede sotto casa sua>. E non può scendere, dico io? Non può andare di persona a verificare che la vita continua anche mentre si sta attaccati al device che penzola come parte integrante del proprio corpo?
Ma non vorrei essere fraintesa: adoro la dimensione locale, il raccontare la vita che scorre a pochi passi da noi. A patto che, appunto, lo si faccia con cura e non diventi quello che puntulamente vedo sui siti dei maggiori quotidiani nazionali e, devo essere onesta, anche in molte realtà all digital nate senza avere alle spalle testate editoriali “classiche”: pastoni di notizie buttate alla rinfusa.
Comunque, onde evitare che anche questo primo post dopo tanto tempo sia un articolo appunto “alla rinfusa”, ritorno sul concetto di Rete e confini virtuali.
Normalmente frequentiamo quei quattro Social Network che descrivono la nostra vita digitale, alcuni solo per testarli o per dire “ci sono anche io”.
Vi sfido a guardare  l’infografica a seguire. Rappresenta le venti cose più importanti accadute sul Web secondo SYZYGY.
Come fatto anche nel 2010 e nel 2011, hanno chiesto questa volta a Niark1,  illustratore parigino, di creare una “mappa” visiva per raccontare “l’anno dei Maya“.
Ecco, ho già svelato uno degli eventi che, però, tutti coloro interessati subito riscontreranno.
E gli altri?

A voi il gioco, a me la bellezza di poter pensare e scrivere ancora una volta che navigare nelle acque della Grande Sorella Rete è sempre una forte emozione.

SYZYGY e l'infografica del 2012

SYZYGY e l’infografica del 2012

Ps

Se volete giocare veramente, potete partecipare all’ “evento Twitter” che l’agenzia ha lanciato: “You can tweet us with your guesses @syzygyuk or email us at 20things@syzygy.net. To help you along, we’ll release clues from 2 Feb and publish the full answers a week later.

Also, anyone who tweets the picture with the hashtag #20things goes into the draw to win a signed limited edition print. We’ll pick a couple of lucky people each day”. Se ci aggiungete anche @dianaletizia per dirmi che avete gradito l’articolo, mi fa piacere 🙂